Kintsugi, urushitsugi, gintsugi, yobitsugi...le varianti estetiche che gravitano attorno al restauro della ceramica secondo la tradizione giapponese sono moltissime.

URUSHI
La lacca urushi è protagonista in ogni passaggio della tecnica del kintsugi.
La lacca urushi è il principale “ingrediente” per riprodurre la vera tecnica del kintsugi. Essa è una resina che è estratta dalla pianta Rhus verniciflua, autoctona in Giappone, che si trova anche in Cina, Vietnam e Sud-Est asiatico, anche se la varietà più pregiata resta quella nipponica. I primi reperti laccati risalgono a circa 5.500 anni fa, prima del periodo jomon, e sono stati rinvenuti nella tomba Shimahama nella Prefettura di Fukui.
E’ probabile che il nome derivi dalla composizione di due parole: uruwashi (bello, gradevole) e uruosu (umido e lussuoso). La linfa è raccolta tra i mesi di giugno e novembre, quando sono effettuate delle incisioni parallele nella corteccia del tronco a intervalli regolari, per farla colare. Ogni pianta, nella sua vita “utile” per il raccolto, produce solo 200 grammi di resina, per questo la lacca urushi è molto costosa.
Purtroppo questa resina è urticante e molto velenosa.
Il secondo passaggio della lavorazione è la stuccatura, dove l’urushi è mischiata alla polvere di argilla, tonoko, macinata finemente.
Nel terzo passaggio, dopo aver lisciato la stuccatura, si procede a dipingere la crepa con l’urushi, con un pennello finissimo. “Quando sta per asciugare, ma non è ancora asciutta”, come mi disse una piccola, anziana, signora nel primo negozio di Kyoto dove andai ad acquistare l’urushi, si procede a far cadere la polvere d’oro sulla lacca con la tecnica a spolvero.
Tra un passaggio e l’altro, perché la lacca polimerizzi, è necessario mantenere gli oggetti in una condizione chiamata “muro”, cioè un ambiente umido, letteralmente “in assenza di aria”.
In laboratorio abbiamo creato alcune armadiature rivestite con del legno, che sono mantenute umide. La condizione ideale per l’asciugatura dell’urushi è almeno a 22° e minimo il 75% di umidità relativa.
Dopo una settimana si procede a togliere l’eccedenza di oro con un batuffolo di cotone di seta, chiamato wata.
Aspettando altro tempo è possibile lucidare l’oro utilizzando la pietra d’agata, un antico sistema usato anche in occidente per brunire le cornici dorate a guazzo.

Per sapere tutto sull’urushi, guardate questo bellissimo video!