Insieme alla parola “zen” uno dei termini tradizionali di cui si abusa di più in Occidente, parlando di cultura giapponese, è wabi sabi.

HANAMI
L’hanami, letteralmente “guardare i fiori”, in Giappone è un rito collettivo per cui milioni di persone si spostano in tutto il paese per poter godere appieno della fioritura dei ciliegi.
“Preparati a morire insegnano i fiori di ciliegio.”
Questo bellissimo haiku di Issa, coglie appieno la visione estetica giapponese che si manifesta, ogni anno, quando fioriscono i sakura, cioè i fiori di ciliegio. Questi fiori non sono solo il simbolo del paese, ma anche l’icona di una cultura che celebra nella caducità la perfezione di un momento. Si organizzano pic-nic nei parchi e, addirittura, le persone bivaccano di notte, nei sacchi a pelo, per dormire sotto gli alberi in fiore. Lo stesso anno scolastico inizia il primo di aprile, proprio per celebrare questo fenomeno estetico.
Secondo il Nihon Shoki, il libro degli Annali del Giappone, questo rituale era praticato già nel III sec. d.C. Un’altra leggenda narra invece che fu il sacerdote En-no-Ozuno, nel VII secolo, a piantare gli alberi di ciliegio presso la città di Yoshino, lanciando una maledizione contro chiunque avesse osato abbatterli. Nei primi anni l’hanami aveva uno scopo divinatorio perché, nella cultura shinto, si riteneva che all’interno della corteccia degli alberi vivessero le divinità (kami). Si lasciavano così offerte votive ai piedi degli arbusti per propiziare raccolti abbondanti. La fioritura dei ciliegi, inoltre, indicava il momento opportuno per seminare il riso.
Mono no aware
La delicatezza dei fiori di ciliegio, la brevità della loro esistenza, significano per i giapponesi l’emblema della fragilità, ma anche della rinascita, lo splendore della vita. In senso più lato si può parlare della caducità in relazione agli aspetti della natura, per cui un individuo sensibile dovrebbe anche essere consapevole che la bellezza è effimera e che l’unica costante delle leggi del mondo è il mutamento. Di conseguenza, la reazione davanti a questo tipo di bellezza non può che essere un atteggiamento malinconico, rassegnato, quasi reverenziale. Questa visione del mondo è tradotta nell’espressione Mono no aware, concetto che sta a significare la partecipazione emotiva nei confronti dell’esistenza. Nella sua accezione più moderna, mono no aware definisce l’essenziale nella cultura giapponese. Proprio grazie e questa espressione possiamo capire l’importanza dell’impermanenza nella visione della bellezza giapponese. La caducità è parte integrante della manifestazione del bello, la coscienza che un fenomeno sia temporaneo ed effimero invita a godere del momento presente proprio per la sua speciale unicità.
“Tra i fiori il ciliegio, tra gli uomini il guerriero.
Proprio perché simboleggiava la bellezza, ma anche la caducità della vita, il fiore di ciliegio fu assunto dai samurai come emblema. Ancora oggi si recita: “hana wa sakuragi, hito wa bushi”, che tradotto significa “tra i fiori il ciliegio, tra gli uomini il guerriero”. Il sakura è, infatti, strettamente legato allo spirito del Bushidō: la Via del samurai. Le regole di questo codice cavalleresco erano contenute nell’Hagakure, testo scritto dal monaco-samurai Yamamoto Tsunetomo, vissuto a cavallo tra il XVII e XVIII sec. d.C.
La Via del samurai si basa su sette principi di base: Gi – Onestà e Giustizia; Yuu – Eroico Coraggio; Jin – Compassione; Rei – Gentile Cortesia; Shin – Completa Sincerità; Meiyo – Onore; Chuugi – Dovere e Lealtà.
Secondo l’Hagakure, però, l’uomo non è infallibile, la Via infatti non è altro che conoscere i propri difetti. Il samurai è colui che sa esaminare sempre la propria condotta e cercare di correggersi. La parola “saggio”, infatti, è formata da due ideogrammi che significano “conoscere” e “difetto”.
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